LA REPUBBLICA (F. BOCCA) – È finita con la curva a cantare l’antico “Grazie Roma”, dopo aver scoperto che Roma-Juve è sempre Roma-Juve e non può essere una partita come tutte le altre. Se poi finisce con un 2-0 secco alla Juve campione d’Italia, si poteva persino pensare che la serata fosse un brandello di quella storica rivalità. Magari qualcuno dopo i gol di Florenzi e Dzeko nell’ultimo quarto d’ora, avrà chiuso gli occhi e sarà tornato agli anni ‘80. Il risultato – sia pure di grande soddisfazione per la Roma di Ranieri e seccante per la Juve di Allegri sempre in tensione – non cambia nulla per i bianconeri (terza sconfitta dopo Genoa e Spal), ma riporta la Roma sul Milan e la tiene agganciata al treno Champions. In attesa delle prossime due partite. La Juve, pur sospesa in questo periodo di mercato incombente e di destini interlocutori, da Allegri a Dybala, sembrava quasi aver trovato inizialmente più motivazioni nel Roma-Juve più fiacco e meno avvelenato dell’ultimo secolo. Quasi che la qualificazione alla Champions la dovessero cercare a tutti i costi i bianconeri e non la Roma, arrivata al match demoralizzata dalle imprese dell’Atalanta e dall’offensiva del Milan. Nella prima parte è stata la Juve a tenere il campo e vedersi fermare da Mirante, portiere arrivato alla Roma come riserva di Olsen e diventato con Ranieri titolare: provvidenziali i suoi interventi su Cuadrado e Dybala. Alla Roma è stato lasciato qualche contropiede in cui ha brillato El Shaarawy, più una traversa di Pellegrini. Dzeko, che si sarebbe poi preso il gran finale, si sarebbe distinto, a inizio ripresa, per un fallaccio su Chiellini: il mondo alla rovescia. La Roma e Ranieri si sono giocati tutto in zona Cesarini, dando più profondità al gioco e approfittando degli slabbramenti di una Juve sbilanciata in avanti ed evidentemente convinta di poter pilotare la partita. I gol della Roma sono arrivati come un destro-sinistro al mento. L’inserimento di Under ha dato freschezza e velocità. Il gol di Florenzi, su perfetta triangolazione con Dzeko, a scavalcare Szczesny in uscita. Il gol di Dzeko invece in contropiede su lancio di Under. Apoteosi sotto la Curva Sud. Molto più Dzeko di Ronaldo. Che si trova in questa sospensione spazio-temporale, la mancanza della Champions gli ha tolto ossigeno, ha scoperto che a 34 anni, in Italia, si possa dover fare i conti in classifica marcatori con Quagliarella (cinque gol in più) o uno Zapata qualsiasi (un gol avanti). Nel frattempo capita di ritrovarsi Fazio sugli stinchi, sgomitare e litigare con Florenzi sotto il naso dell’arbitro, vedersi annullare un gol per fuorigioco. L’ansia di dover far gol non lo divora, ma si vede anche che c’è qualcosa che non va e che il Ronaldo di quest’anno è incompiuto. Gli applausi più calorosi alla fine li ha presi Claudio Ranieri, traghettatore verso un futuro ancora sconosciuto: «Continuiamo a credere che tutto sia possibile. Dobbiamo arrivare in fondo con la coscienza a posto. Non mi dò speranze di panchina, penso solo a lavorare. E non voglio nemmeno fare il supervisore o la chioccia di chissà chi. Io sono un allenatore e mi diverto ancora a farlo»