“Totti è nato fenomeno”

“Totti è nato fenomeno”

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TOTTIIL MESSAGGERO – M. FERRETTI – Nato per il gol. E mamma Fiorella racconta che fin da bambino Francesco ha giocato all’attacco. Non ricorda, la signora Marozzini in Totti, che suo figlio da ragazzino ha giocato anche da centromediano metodista, “bloccato” davanti alla difesa. Un’invenzione di Sergio Vatta, cittì di Francesco nelle nazionali giovanili. Tecnica naturale e istinto, alla base dello spettacolo. Già ai tempi della Fortitudo, la sua primissima squadra, Francesco si muoveva in campo un po’ dove gli pareva: Trillò, l’allenatore, non costringeva nessuno a rispettare un ruolo. Altra storia, invece, dopo il passaggio alla Smit Trastevere: Pergolati e Paolucci, i suoi istruttori, lo facevano giocare in attacco e basta, visto che Francesco vedeva la porta avversaria come nessun suo compagno. Con il passaggio alla Lodigiani, all’età di dieci anni, Totti diventa un centrocampista d’attacco ma i suoi allenatori, Mastropietro e Neroni, non gli danno mai la maglia numero 10, «per non farlo sentire più importante degli altri», ricordano. Con la Lodigiani, Totti segna una marea di gol e finisce sul taccuino degli osservatori di Roma e Lazio.

LA SVOLTA «La Lodigiani – ricorda Gildo Giannini, a quei tempi responsabile del settore giovanile giallorosso – aveva già promesso Totti alla Lazio, ma la signora Fiorella venne da me a Trigoria chiedendomi di portarlo alla Roma. Io, su segnalazione di Stefano Caira, ero già andato a vedere Francesco, ero rimasto colpito dalle sue qualità e mi convinsi in fretta. Litigai di brutto con Rinaldo Sagramola, direttore generale della Lodigiani, ma alla fine Totti venne alla Roma». Poi un singolare retroscena. «Ricordo che nei giorni della trattativa la mamma mi diceva: io porto Francesco alla Roma, ma voi lo dovete far giocare. Non è che viene qui e fa la riserva, resta a guardare? Non si rendeva conto, la signora Fiorella, di che cosa era Francesco…», racconta oggi, divertito, Giannini senior. Al Tre Fontane, a tredici anni, Francesco incontra Franco Superchi, suo primo allenatore nei Giovanissimi. «Lo facevo giocare da mezza punta, dietro due attaccanti, anche se i dirigenti volevano che giocasse da attaccante puro. Così, un giorno mi arrabbiai: o gioca come dico io o me ne vado. Da quella volta gli diedi il “10” e nessuno ha più fiatato», le parole dell’ex portiere. Fino alla Primavera, Totti gioca da seconda punta o da centrocampista d’attacco. Una volta arrivato stabilmente in prima squadra, Totti trova Mazzone che lo fa giocare (parecchio) da seconda punta o (poco) da trequartista.
IL MAESTRO «Francesco è nato fenomeno. Io ho avuto il piacere di allenarlo, ma lui sarebbe diventato così bravo con qualsiasi tecnico. Mi bastò vederlo mezza volta per capire che avevo davanti un ragazzino bravo come nessun altro. E così a muso duro diedi un ordine ai miei collaboratori: guai a voi se dite in giro che ’sto Totti è così bravo. Roma la conosciamo tutti, no? Ecco, io non volevo che qualcuno potesse rovinargli la crescita. Vi confesso che ero un po’ geloso di Francesco, anzi della sua bravura. Quasi quasi non volevo che venisse scoperto perché a diciassette anni, specie a Roma, fai presto a perdere la testa… Ho cercato di proteggerlo, di farlo crescere bene. Aiutato in questo anche dalla famiglia di Francesco, che a quei tempi era un ragazzetto sveglio… Motorino, pastasciutta, nutella, ragazzine…. Toccava staje dietro…», racconta il sor Carletto, orgoglioso del suo Francesco.

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