CORRIERE DELLO SPORT (A. MAGLIE) – La Roma torna a sorridere. Un sorriso da un certo punto di vista amaro, da un altro punto di vista dimesso. Amaro perché la squadra vista in campo ieri ha giocato dal primo all’ultimo minuto, pur manifestando i limiti che l’hanno caratterizzata nel corso di questa stagione (la difficoltà di alcuni giocatori, ad esempio Vucinic, Menez, lo stesso De Rossi, a restare concentrati, a rimanere nella partita sempre, in tutte le condizioni); dimesso perché l’ambiente era ovviamente provato dalle ultime, cocenti delusioni e questa amarezza è emersa sin dal riscaldamento quando bordate di fischi hanno accompagnato Doni, Vucinic e Menez e c’è voluta la lungimiranza di Totti per farli rientrare negli spogliatoi senza essere travolti dalla sonora contestazione ( li ha praticamente scortati verso il sottopassaggio). Ecco, Totti. Si attendeva il gol che gli avrebbe consentito di agganciare Baggio. Francesco lo ha pure realizzato (al 2′) ma l’arbitro ha annullato per fuorigioco (millimetrico). Al di là della rete che non è arrivata, Totti ha ancora dimostrato di essere la vera coscienza di questa squadra, l’unico in grado di sintonizzarsi con l’anima profonda del tifo. La gente dell’Olimpico (comprensibilmente poco numerosa: per un orario che non sembra suscitare grandi consensi imposto, per giunta, alla vigilia di Pasqua) voleva una prova d’orgoglio, un segnale di attaccamento alla maglia dopo tanti di dissociazione. Totti lo ha fornito, trascinando i compagni (il gol di Perrotta nasce da una sua intuizione, un pallone in profondità per De Rossi con la difesa del Chievo che saliva con troppa lentezza), riconfermando quel vincolo con il «popolo giallorosso» che è fatto di viscere e passione. In tutte le sue giocate si è intravista rabbia, determinazione, consapevolezza. E, ovviamente, classe. Ma la classe, al limite, se non nelle dimensioni tottiane, possono avercela anche altri, il vero valore aggiunto è il temperamento. E qui che emerge tutta la differenza tra la prova del Capitano (e anche di Perotta) e le prestazioni ancora una volta piuttosto incolori di Vucinic ( meglio nella ripresa, nonostante una camionata di gol mangiati) e di Menez (non riesce quasi mai a fare la cosa giusta, non riesce quasi mai a giocare la palla a un tocco).
TUTTO FACILE -La Roma ha praticamente vinto nei quattro minuti iniziali perché in quel breve periodo non solo ha segnato ma lanciato un chiarissimo messaggio al Chievo: questa volta non ci sarebberostate amnesie, non ci sarebbero state leggerezze. La pressione nella metà campo dei ragazzi di Pioli è stata costante. E se è vero che il Chievo ha realizzato un ricco bottino di calci d’angolo che possono far pensare a una prova robusta dal punto di vista offensivo, è anche vero che alla fine Doni ha tremato solo in un paio di occasioni (un tiro di Constant nel primo tempo alzato sulla traversa, una conclusione al volo di Pellissier nel secondo). L’ingresso in campo di Loria al posto dell’infortunato Juan ha probabilmente aggiunto qualche preoccupazione nella retroguardia giallorossa che sino a quel momento aveva lavorato con una certa compattezza e una discreta sicurezza. Ma se sulla sua strada la Roma non avesse trovato un Sorrentino in ottime condizioni e un Vucinic in vena di regali pasquali, il punteggio finale sarebbe stato molto più largo come confermano il gol realizzato, l’altro annullato, il palo di Menez, la traversa di Sardo su conclusione di Totti (nel corso di quell’azione Vucinic prima commette gioco pericoloso provando la rovesciata poi, dopo il tiro di Perrotta respinto dal portiere, può invocareil rigore per una trattenuta di Cesar).
GENEROSI -Se i compagni di reparto avessero avuto la stessa rabbia di Totti, probabilmente la contabilità delle occasioni sprecate non sarebbe così ricca e lunga. Un esempio? Nel primo tempo Totti ha messo il montenegrino davanti a Sorrentino un paio di volte. Batterlo, in una prima occasione, non era complicatissimo ma Vucinic ha praticamente calciato il pallone sul piede destro del portiere in uscita. Pochi minuti dopo, altro splendido assist e conclusione ravvicinata spedita oltre la traversa (in questo caso, il tasso di difficoltà era superiore); e poi ancora sul finire del primo tempo. La ripresa è stata un festival collettivo di errori. Da Vucinic (in un caso conclusione fuori da posizione comoda, in un altro deviazione di Sardo con la porta ormai sguarnita) a Brighi (anche in questo caso assist di Totti, anche in questo caso il portiere era l’unico avversario da superare, anche in questo caso il pallone è stato spedito a lato) a Juan ( bella girata di testa nel corso della quale il difensore si è probabilmente infortunato). E’ la spietatezza sotto porta a questa Roma che manca e la spietatezza è figlia della concentrazione, della capacità di stare in campo non solo con le gambe (quelle ieri oggettivamente c’erano) ma anche con la testa. Però, un segnale positivo la squadra di Montella è riuscito a lanciarlo.