IL TEMPO (A. AUSTINI) – Qui ci vuole un esorcista. Un diavolo tormenta la settimana romanista: Zlatan Ibrahimovic, fresco e riposato dopo tre turni da spettatore, si ripresenta in campo sabato, nella serata che potrebbe regalare al Milan il diciottesimo scudetto. Proprio lui, lo specialista di «tituli», torna in campo in una sfida imprevedibile. La partita tricolore o del sorpasso (momentaneo) della Roma sulla Lazio al quarto posto? Nel primo caso sarebbe l’ottavo scudetto personale per lo «svedesone» che ne ha già vinti quattro in Italia – ma i due in bianconero non risultano negli albi causa Calciopoli – due in Olanda e uno l’anno scorso in Spagna con il Barcellona. Se la Champions continua ad andargli di traverso, vincere il campionato ormai è diventata un’abitudine. E non può essere un caso. Prima delle squalifiche a raffica, Ibrahimovic è stato il trascinatore di un Milan «work in progress». Quattordici gol, quasi tutti pesanti, assist a ripetizione e uno strapotere fisico impossibile da contrastare. Ora è tornato. Affamato più che mai: pare abbia promesso a Galliani il gol dello scudetto. Quattordici gol è lo stesso bottino di Totti in campionato. Il capitano romanista lo ha raggiunto nella classifica marcatori dopo la doppietta di Bari. Eccolo l’erorcista di Montella: Totti resta l’arma principale di una squadra che viaggia in altalena. L’esempio più recente: convincente con il Chievo, imbarazzante al San Nicola a distanza di una settimana. Da un paio di mesi la continuità appartiene soltanto al capitano, uno abituato a dare parecchi dispiaceri al Milan. A 20 anni stupì l’Italia segnando un gol fantastico ai rossoneri: pallonetto d’esterno all’angolino e Olimpico in delirio. Quello è stato il primo segnale nitido di un campione che stava nascendo. Nei tanti incroci in carriera contro il Milan ha segnato altre nove reti, di cui tre in coppa Italia: tutte su punizione e tutte inutili nella doppia finale persa nel 2003. Ibrahimovic non è stato da meno e alla Roma ha fatto malissimo. La prima volta quando vestiva ancora la maglia dell’Ajax in Champions League nel 2002 e Franco Baldini, allora direttore sportivo, provava a portarlo a Trigoria. Poi una doppietta contro Spalletti ai tempi della Juventus e altri due centri da interista, più un timbro decisivo nei quarti di coppa Italia nel 2009. Ma il dispiacere più grande ai romanisti lo ha dato a distanza, regalando lo scudetto 2008 all’Inter con la doppietta di Parma mentre la Roma a Catania iniziava a cucirselo sul petto. Sabato Totti non può fare altrettanto. Lo scudetto del Milan è ormai una certezza nonostante Berlusconi ricordi scaramanticamente che «se ne parla soltanto quando lo si è già cucito sulle maglie della propria squadra», ma rinviare almeno la festa è un’impresa possibile per la Roma. Altrimenti addio ai sogni Champions. O quasi.