LA REPUBBLICA – F. BOCCA – Il primo gol al Foggia sembra appartenere alla preistoria: lancio di Thern, uno dei tanti stranieri che in Italia hanno trovato il paradiso, sponda di Fonseca, Totti che irrompe, col numero 9 sulla maglia, e con una botta di sinistro fa gol a Francesco Mancini (il portiere poi morto all’improvviso lo scorso anno mentre lavorava nello staff di Zeman a Pescara). Non era ancora maggiorenne, un ragazzino: niente pancioni, ciucci, magliette per fidanzate, solo una corsa sotto la Curva Nord. Era il 4 settembre 1994.
Da allora a oggi, ora che il capitano ha raggiunto nientemeno che il Pompierone Nordhal – un fisico possente, un mito del Milan, una specie di Shrek degli anni ’50 – a quota 225 gol nella classifica dei marcatori di serie A, sono passati 18 anni e mezzo. Basta guardare quella classifica per capire che il rigore (invero fasullo…) segnato al Genoa ha fatto la storia: Piola, Totti, Nordhal, Meazza, Altafini, Baggio, Hamrin, Signori, Del Piero, Batistuta nelle prime dieci posizioni.
«Non ci avevo capito niente, trattavo col padre, e invece gli altri con la madre » ha detto Galliani. Capello, con cui ha vinto l’unico scudetto della sua vita, lo ha sempre definito un Rivera moderno: «Ha risorse inimmaginabili, col tempo ha perso velocità ma aumentato astuzia e intelligenza». Il poderoso e spettacolare gol alla Juve dimostra che il talento e il fisico ancora stanno bene insieme. Per Lippi, con cui ha vinto il mondiale: «E’ il miglior giocatore degli ultimi vent’anni».
Corre per il titolo di più grande del dopo guerra, lottando spalla a spalla con Baggio e i grandissimi del passato.Unico nel suo genere, giocatore nel senso più assoluto. Fa i gol senza essere un centravanti, addirittura ha fatto il non-centravanti, il ruolo un po’ folle e geniale che costruì per lui Luciano Spalletti. Totti è ormai il panda del calcio italiano. Dato l’addio Maldini, andato via Del Piero, Totti è rimasto l’ultimo: una vita, una squadra. Per il calcio di oggi, dove i grandi inseguono contratti e vittorie, un assurdo.
Detesta il soprannome Pupone, ma con quello amici e colleghi – da Del Piero a Cannavaro gli hanno fatto i complimenti per il traguardo raggiunto. Anche il presidente Lotito si è congratulato, dopo una leggera smorfia: «Ma lo chiedete proprio a me che so’ laziale?» Totti e i gol di Totti sono ormai un’istituzione pubblica, i palazzi popolari della Garbatella ricoperti di sue immagini. Un murales di Totti dell’epoca scudetto (2001) al Rione Monti a novembre è stato sfregiato di scritte (laziali): è stato restaurato a spese della comunità.