Francesco Totti è stato intervistato da Sky Sport, nell’ambito della rubrica “I Signori del Calcio”. Questa un’anticipazione dell’intervista dell’ex capitano giallorosso che sarà mostrata domani sera dall’emittente satellitare:
Sull’addio al calcio giocato e sul 28 maggio…
Prima o poi questo giorno doveva arrivare. Mentalmente ero consapevole che potesse diventare uno dei giorni più brutti della mia vita, però questo fa parte del calcio e della vita in generale. C’è un inizio e c’è una fine. Il mio addio è stato abbastanza lungo perché è stato deciso quasi alla fine. Avevo voglia di continuare un altro anno, mentre la società un po’ tentennava, e alla fine abbiamo preso questa decisione che mi ha fatto smettere. Mettendoci a tavolino, abbiamo capito che era il momento giusto per fare questo passo.
Il mio primo giorno da ex calciatore?
“Mi sono svegliato – per modo di dire svegliato, visto che non ho mai dormito la notte – e stavo lì a ripensare a tutto quello che era successo durante quel giorno, dalla mattina in cui sono entrato a Trigoria alla sera, quando sono uscito dallo stadio. La cena dopo con gli amici, il parlare e il discutere di quello che avevo fatto. È stata una sera diversa dalle altre. Però poi da là, fortunatamente, subito dopo sono partito per le vacanze con mia moglie e i miei figli. Giorno dopo giorno, dimenticavo tutto quello che poteva passare un calciatore alla fine. Ogni tanto mi capita di rivedere le immagini del 28 maggio e tuttora mi commuovo. È un giorno che rimarrà dentro di me per sempre. È la chiusura della mia carriera calcistica in cui ho vissuto tanti anni con un’unica maglia. Per me è stato un traguardo veramente importante.”
Sulla Roma?
“L’offerta più concreta per lasciare la Roma è stata quella del Real Madrid, nel 2003/04. Ho fatto una scelta ben precisa: precludermi la possibilità di vincere tanto per rimanere con un’unica maglia, che per me è stata la cosa più importante. E alla fine ho avuto tutto: amore e passione per me sono stati più importanti che vincere trofei altrove. Per la Roma ho dato il 101%, perché ho messo la Roma davanti a tutto, davanti a me, alle cose personali, alla vita privata. La Roma è stata tutto.
Sul Pallone d’Oro?
È una delle cose che mi è mancata personalmente. Giocando con la Roma sapevo di avere meno possibilità rispetto ad altri giocatori che giocavano con Real Madrid, Juventus, Milan… loro avevano più visibilità in campo internazionale, anche perché il Pallone d’Oro si vince conquistando la Champions o il Mondiale, oppure qualche altro trofeo importante. Io con la Roma ho vinto Scudetto, Supercoppa Italiana e Coppa Italia, perciò non ero in grado di poter combattere con altri giocatori.
Su Spalletti?
Con Spalletti non c’è mai stato un confronto e mai ci sarà. Avrei preferito chiudere in altro modo. Fossi stato in lui avrei gestito il calciatore, e soprattutto la persona, in maniera diversa: mi sarei confrontato con lui, gli avrei parlato. Comunque sono riuscito a fare questo passaggio da calciatore a dirigente della Roma, e l’ho fatto con lo spirito giusto: con l’armonia, con l’intelligenza di una persona grande. Sono cresciuto nel campo e nel campo morirò.
Sulle bandiere?
Bandiera è una parola che non tutti i giocatori conoscono. Posso darti una risposta, che non so sia esatta. Per me è amore, passione, amare i colori ed essere fedeli ad una sola maglia. De Rossi ormai lo è, penso che concluderà anche lui con un’unica maglia addosso, anche se poi non conosco il suo pensiero. Ormai non ci sono più bandiere, sarà molto molto difficile. Spero per la Roma che ci sarà un altro Totti, ma non penso che nel caso possa rimanere a lungo nella Roma. Oggi conta il business. Man mano che si va avanti, è difficile che un giovane della Roma crescendo rimanga e possa fare le stesse cose che abbiamo fatto io o Daniele De Rossi perché pensano ad andarlo a comprare all’estero. Perciò la situazione è diversa ed è impossibile che quello che è successo con noi si ripeta.
Sul calcio di oggi e le scelte societarie?
Non penso che esista un altro Totti e che nel caso possa rimanere a lungo nella Roma. Oggi conta il business. È difficile che un giovane della Roma crescendo rimanga e possa fare le stesse cose che abbiamo fatto io o Daniele De Rossi. Perciò la situazione è diversa ed è impossibile che quello che è successo con noi si ripeta. Prima si pensava ai giovani promettenti del nostro Paese più che a scoprire un giovane brasiliano, argentino, sudamericano, o di qualsiasi altro Paese nel mondo.
Sui top player?
Se dipendesse da me spenderei qualsiasi cifra al mondo per comprare i giocatori più forti, anche perché per vincere servono giocatori forti. Questo l’ho sempre detto e lo dirò sempre. Però poi non sono io a gestire i soldi, è il presidente che decide. Il presidente metterà un budget e in base a quel budget dovrà essere bravo a costruire una squadra. Prima 100 milioni di euro li spendevi per un attaccante, mai nessuno al mondo avrebbe potuto pensare che un difensore sarebbe costato 100 milioni. Neymar costerà 300 milioni, Messi 500. Di che parliamo? Non parliamo più di calcio, solo di business. In questo mercato pazzo penso che costerei 200 milioni di euro, se dovessi andar via dalla Roma… (ride, ndR).”
Sulla Nazionale di Ventura e sulla Figc commissariata…
Cambierei tutte le persone che non hanno fatto quello che tutti i tifosi dell’Italia si aspettavano. In primis mi metterei davanti a tutti e inizierei una nuova avventura con gente giovane, di calcio e che cerca di fare il bene del calcio italiano.
Italia-Svezia?
Quando si sbaglia lo si fa tutti insieme, non c’è un attore principale. Purtroppo queste eliminazione dal Mondiale peserà tantissimo. Vedere un Mondiale senza Italia è veramente… non trovo l’aggettivo giusto. Forse l’hanno presa un po’ sotto gamba, erano sicuro di poter passare, di essere più forti della Svezia, ma le partite si vincono sul campo, non fuori. Purtroppo l’eliminazione brucerà per tanti anni.
Sulla sua vita dopo il ritiro dal calcio giocato…
Ormai sono definitivamente un ex calciatore, la vivo con serenità e tranquillità. Sono riuscito a fare questo passaggio da calciatore a dirigente della Roma, e l’ho fatto con lo spirito giusto: con l’armonia, con l’intelligenza di una persona grande. Dopo 25 anni di calcio, cambiare lavoro non è nelle mie corde e nella mia testa. Il mio futuro è quello. Sono cresciuto nel campo e nel campo morirò. La mia vita è stata bellissima, e spero che continuerà ad essere ancora più bella. Adesso si apre un altro scenario, lascio il campo verde ma ne trovo un altro ancora più impegnativo, ancora più importante e più bello da scoprire.”