Tovalieri: «Sarà spettacolo. E se li battiamo…Roma campione d’inverno!»

Tovalieri: «Sarà spettacolo. E se li battiamo…Roma campione d’inverno!»

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CORRIERE DELLO SPORT – F.M.SPLENDORE – «Assolutamente sì, questo dice la storia. Poi è chiaro che partite di questo genere non hanno bisogno di essere caricate oltre quanto già non lo siano. La tensione già c’è, deve essere positiva, portare spettacolo in campo. E le premesse ci sono tutte» Derby d’alta quota. Pesa? «No. Ma è derby d’alta quota e questo conta tanto. Abbiamo lavorato bene, molto: noi e loro. Saremo più leggeri, forti ognuno del fatto proprio. E’ chiaro che noi ora li abbiamo scavalcati e vogliamo poter festeggiare laureandoci campioni d’inverno. Se vinciamo…». I suoi derby di ragazzo? «Atmosfere bellissime, uniche. E pensare che io la Primavera l’ho praticamente saltata per andare subito a giocare tra i professionisti. Però ho vinto un Viareggio: in quella squadra di Romeo Benetti c’era gente vera: Desideri, Di Mauro, Gregori, Righetti. Davvero un gruppo con grosse individualità. Basta andare a vedere le carriere che hanno fatto».

Invece da professionista il derby le è mancato. «Sì. E mi è mancato davvero perché quella era la partita che cambiava il rapporto con la tua gente, secondo come andava a finire. Nel bene o nel male adrenalina. Poi sono andato in giro e i miei gol alla Lazio mi è capitato di farli. Ho vinto piccoli derby personali, diciamo così». Che strano il suo rapporto con la Roma. Nell’82-83 una panchina a 16 la fa… sentire dentro quella favola da campioni d’Italia come Pruzzo, Bruno Conti, Agostino Di Bartolomei, Falcao. Nell’85-86 torna a casa e vive, più da protagonista, con 22 presenze e 3 gol, l’incubo con il Lecce della Roma di Eriksson che lo scudetto lo perde clamorosamente. A lei le sensazioni… «Beh, a 16 anni un sogno. Potevo mai pensare che Liedholm potesse rivolgersi ad un sedicenne come me con la squadra che aveva? Erano mostri sacri quelli là. E pensare che, con l’illusione dei sedici anni, quando già mi ero beato dei cori degli ottantamila dell’Olimpico mi venne un pensiero: “stiamo battendo il Genoa 3-0, forse entro e faccio due minuti”. Non successe, ovviamente…».

E l’incubo dell’86? «Tornai a casa a vent’anni. E’ vero, giocai molto di più e sfiorammo un’impresa straordinaria. Avevamo meritato quello scudetto, lo perdemmo per una leggerezza, troppa convinzione, ancora non lo so. Lo perdemmo. Che amarezza».

I suoi ragazzi stanno sentendo le grandi manovre di avvicinamento alla sfida con la Lazio? «Per i ragazzi l’atmosfera è particolare, tra loro si conoscono, anche con gli avversari. Ho inculcato a loro l’atteggiamento da tenere, spero che riescano a farlo: la serenità dei risultati e del lavoro. Il resto verrà da sé». Cosa le piace della sua squadra? «Il fatto che sia un gruppo e che faccia dell’impegno costante, nel lavoro settimanale e in campo, il suo punto di forza. C’è applicazione negli allenamenti, c’è voglia di aiutarsi in campo. Noi abbiamo qualità dei singoli e collettiva. Questo mi piace molto». In cosa li vorrebbe migliori? «Migliori per forza, hanno ancora margini. La gestione di certe fasi della partita deve essere diversa. Per esempio se vinci 5-2, come è successo a noi, non puoi metterti nelle condizioni di rischiare di essere raggiunti. Questa è la gestione».

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