LEGGO (F. BALZANI) – «Ora continuate pure a criticarmi e a dirmi cattiverie: io continuerò a segnare». Pablo Osvaldo si gode il gol da tre punti al Parma e rilancia la promessa fatta appena un mese fa:«Farò 20 gol».
I numeri, per ora, sono dalla parte dell’attaccante nato in Argentina (ma naturalizzato italiano) tornato da noi con la voglia di riscattare le stagioni deludenti passate a Firenze e a Bologna. In Toscana, per esempio, lo ricordano solo per il gol in rovesciata con il Torino (splendido) che valse la partecipazione alla Champions e per un soprannome (il cameriere) datogli dai compagni e mal digerito dall’attaccante, che non ha un carattere qualunque. Diversamente da altri calciatori, Osvaldo nel tempo libero inforca i suoi occhialini da vista per leggere e le biografie dei grandi personaggi della storia contemporanea – come Gandhi e Che Guevara – ascoltando in sottofondo Bob Marley (è patito per la musica reggae). Insomma, tutto il contrario di quanto possa far credere il suo look finto trasandato fatto di muscoli, capello fluente, orecchini, collane, anelli e tatuaggi (in uno ha tatuato Elena, il nome della moglie, che bacia ad ogni gol).
La metamorfosi tecnica e personale, Osvaldo l’ha vissuta a Barcellona (dove con la maglia dell’Espanyol ha segnato 20 gol in 44 partite): in Spagna è nata sua figlia Victoria, dalla quale non si separa mai. La mamma, Elena (25 anni), l’aveva conosciuta a Bologna. Per Osvaldo era un periodo difficile, era reduce da una storia andata male. Elena gli ha restituito serenità. Ed era con lui, all’isola d’Elba, quando ad agosto arrivò la chiamata della Roma. Il suo amico ed ex compagno De la Peña aveva fatto una testa così a Luis Enrique, che a sua volta l’aveva fatta a Sabatini convincendolo a mollare la pista Nilmar per accontentare (senza troppa convinzione) il tecnico. Osvaldo è sbarcato a Roma circondato dall’alone della diffidenza (anche per il costo: 15 milioni più tre di bonus), ma ora con i numeri cerca di far breccia nei cuori dei tifosi: due gol in meno di 360 minuti, meglio di tutti i numeri 9 all’esordio nella storia della Roma. Molto meglio di Vucinic che nel suo primo anno nella capitale segnò due gol, ma in 25 partite. «Sappiate che mi avete pagato poco», dice Osvaldo scherzando (ma non troppo). In fondo presunzione e permalosità non fanno che avvicinarlo a un certo Gabriel Batistuta, di cui imita la mitraglia dopo i gol. Riuscisse a farne il verso anche in area di rigore, i tifosi della Roma potrebbero sognare a occhi aperti.