CORRIERE DELLO SPORT – G. D’UBALDO – Antonello Venditti, ma cos’è questa storia che vuole ritirare l’inno della Roma? «La mia è stata una provocazione. Dopo la sconfitta in Coppa Italia con la Lazio, forse il momento più brutto della storia recente della Roma, insieme alla finale persa di Coppa dei Campioni, ci si aspettava una reazione forte da parte della società. Nel 1984 avevamo comunque una grande squadra, il tifoso aveva la convinzione che saremmo diventati come l’Inter e la Juve. Questa Coppa Italia, che non ha un grande valore per la Lazio, lo avrebbe avuto per noi. La Coppa della stella, la possibilità di recuperare dignità. Aspettavamo una grandissima reazione di orgoglio. Non chiamo in causa la romanità, ma avevamo bisogno di un gesto rappresentativo da parte di qualcuno della Roma. La risposta è arrivata invece con le dimissioni di Baldini, che era la garanzia che questa proprietà avrebbe preso una certa strada. Con Baldini, quella di un calcio nuovo. Lo abbiamo conosciuto, Baldini è della Roma. Rappresentava la continuità nella discontinuità. Ora se ne è andato e questa figura non è stata sostituita, ma in parte è stata inglobata da Sabatini. Che è un competente di calcio, ma non ha mai ricoperto, come Baldini, del resto, il ruolo di direttore generale. Siamo rimasti orfani di questo ruolo».
Il principale referente di Pallotta è l’amministratore delegato Zanzi «Ma deve fare esperienza. Noi siamo abituati a vedere dirigenti come Galliani e Marotta, o altri personaggi che da anni sono nell’ambiente. Servono dirigenti che capiscono di calcio, che tengano rapporti con le istituzioni e gli arbitri […]. Ma molto di quello che ci è stato rappresentato all’inizio si è perso per strada. Ora ci resta solo la possibilità di un nuovo stadio, alla quale è legata questa proprietà. Ma manca ancora la legge sugli stadi. E abbiamo visto quello che è successo in Brasile, dove i nuovi stadi non bastano a riportare entusiasmo».
Tra i tifosi c’è preoccupazione per il futuro della Roma «Qui per riportare entusiasmo ci vuole una grande campagna acquisti. I tifosi non sono preoccupati. Preoccupatissimi. La squadra ereditata dai Sensi era competitiva, in due anni siamo scomparsi dall’Europa e siamo scivolati in basso anche in Italia. Quello che prima era la Roma oggi è il Napoli e anche la Fiorentina ci sta scavalcando. In pratica una Roma 2… Ho voluto spiegare tutto questo per dire che quella dell’inno è una provocazione […]».
Perchè arriva a prendere una decisione così forte? «Io posso risultare antipatico. Non ho rapporti con la società attuale. Sono stati invitato dai tifosi, ma dalla società mai. Sono due anni che non vado a Trigoria. I tifosi sono l’unico elemento di continuità rimasto. Togliere l’inno è una provocazione: visto che potete fare a meno di noi, potete fare a meno anche degli inni. Forse i dirigenti attuali li toglieranno per tagliare i ponti col passato. Ci sia più chiarezza da parte della società. Mi hanno detto che faccio il male della Roma. Sono stato redarguito perchè parlo da tifoso in una radio. L’unica volta che ho sentito la società, nella persona di Baldini, è stato per redarguirmi per aver detto certe cose. Ma il problema della Roma non era Baldini. I dirigenti attuali difendono la società As Roma, invece dovrebbero aver presente che questa società rappresenta Roma. Bisogna dare decoro per difendere il nome di Roma».
In questi due anni i tifosi attribuiscono alla società molti errori «Zeman ha avuto ragione in tutto, tanto che alla fine anche Andreazzoli gli ha dato ragione. La società non lo ha sostenuto. Zeman ha sbagliato con De Rossi. Daniele è un campione, un valore assoluto della Roma e bisogna metterlo a proprio agio. E’ un ragazzo sensibile e ha bisogno di persone che lo capiscano e che lo aiutino a farlo tornare a giocare come sa e come gioca in Nazionale».
Quali speranze ci sono per il futuro? «Lo stadio si può anche fare, ma deve esistere una seconda via […]. Manca una comunicazione quotidiana della società. Continuo a dire che il senso di romanità non c’è più in questa nuova Roma. Hanno modificato il marchio quando la Roma nel mondo la conoscono più della Coca-Cola. Ora stanno chiedendo indicazioni ai tifosi per lo stadio e non ci hanno fatto vedere ancora nemmeno il progetto. Non possiamo essere ridotti così. I tifosi potrebbero non essere preoccupati, se sapessero che si sta lavorando per portare a Roma grandi giocatori. Invece c’è distacco tra la società e i tifosi […]. Forse qualcuno mi contesterà. Ma sta nascendo un tifoso nuovo, che ha contatti, che si adegua. Io sono stato messo in castigo perchè esprimo la preoccupazione del tifoso che incontro quando vado in tribuna Tevere».